jeudi 10 février 2011

Vivere il ricordo !!!

Nell’anno dei 150 anni dell’unità nazionale, le celebrazioni di quella che ormai è conosciuta come la Giornata del Ricordo, assumono un aspetto del tutto particolare. Come è noto infatti, 150 anni fa, nel 1861, con la conquista e la proclamazione di Roma Capitale d’Italia il 17 marzo, nasce ufficialmente la nostra Nazione. Sappiamo tutti però che ci vorrà il sacrificio della Grande Guerra per riportare i territori del nostro settentrione sotto i nostri emblemi. Seicentomila morti e la vittoria nella guerra mondiale non servirono però a riconquistare quelle che ancora negli anni a venire saranno chiamate “terre irredente”. L’Istria, Fiume e l’intera Dalmazia rimarranno infatti terre non italiane.

Solo il Fascismo, negli anni a seguire, ebbe la forza e la volontà di rinegoziare le umilianti condizioni poste all’Italia dagli inglesi nonostante Il trionfo contro gli austriaci. La “vittoria mutilata” fu vendicata e con lei anche gli aneliti rivoluzionari dei legionari di Fiume che con il Vate D’Annunzio si ersero a difensori della nostra nazionalità e del diritto di governare quelle regioni ben prima che il Fascismo accedesse al potere.

Oggi ritorniamo a parlare delle nostre terre irredente. L’usurpazione da parte della Jugoslavia di Tito nei confronti di un’Italia uscita sconfitta e imbelle dal secondo conflitto mondiale è oggi in parte ricordata grazie ad una giornata appositamente dedicata in cui si commemorano l’eccidio degli italiani uccisi e l’esodo dei dalmati degli istriani negli anni ‘50 e ‘60. Ma che senso ha il ricordo? Può essere esso contenitore di speranze oppure è solamente una sbiadita immagine di ciò che non si può più avere? 

Poniamoci nei panni delle famiglie, nostre consanguinee, che a centinaia vivono in quelle terre. Quelle famiglie non possono condividere con noi il 150esimo anno dell’Unità d’Italia perché non vivono in Italia. Quelle famiglie, con molta probabilità, non sono neanche considerate italiane (ancora oggi) da una buona fetta della nostra pubblica opinione. Ricordiamoci che i migliaia di profughi che lasciarono quelle contrade lo fecero per sfuggire al comunismo, ed in Italia, nella loro terra d’origine, furono respinti, rinnegati, ricacciati.

Non sia però il buonismo il sentimento trainante della giornata dedicata ai martiri italiani e ai nostri esiliati. Non sia il sentimentalismo stile “trash-tv” a contagiare il nostro istinto puro di italiani che difendono altri italiani. Non sia, infine, la piagnucolante arma della “memoria” il fine del 10 febbraio. La memoria è il mezzo per ricordare ciò che è stato, niente di più. Ma chi veramente vuole ricordare (etimologicamente ri-cordare significa “riportare al cuore”) deve vivere con il cuore ciò che pronuncia, ciò che sente, ciò che vede. Vivere per le nostre terre irredente significa pertanto riportare al cuore una volontà, declinarla in azione concreta, assumere pienamente coscienza che non serve una seconda “giornata della memoria”. 

Serve una coscienza nazionale, sicuramente. Ma inequivocabilmente vogliamo affermare che l’Italia non sarà mai compiutamente unita se non abbraccerà le terre che gli sono state sottratte nel 1945. Quelle terre, quella gente, quel sangue sono l’Italia.

di "Tony Arzenta"
Source:
http://la-ragnatela.blogspot.com/2011/02/vivere-il-ricordo.html

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